Di: Claudio Bernardi
Regia: Claudio Misculin
Con: Claudio Misculin, Gabriele Palmano, Donatella Di Gilio, Dario Kuzma, Giuseppe Feminiano, Fabio Cassano, Fabio Portas, Barbara Busdon, Marina Stolfa
Responsabile organizzazione e progettazione: Cinzia Quintiliani
Staff organizzazione e progettazione: Carmen Palumbo e Pamela Fussi
Amministrazione: Cinzia Quintiliani
Produzione: Accademia della Follia
Con il sostegno: Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, Comune di Trieste
Con il contributo di: Regione Emilia Romagna, Regione Friuli Venezia Giulia, Provincia di Rimini
“Fu il grido della folla al governatore romano che condannò a morte un innocente.
Non fu un errore giudiziario. Fu un linciaggio popolare.
Quella storia, la storia della ricerca e dell’eliminazione di un capro espiatorio, di qualcuno che paghi per le colpe di tutti, è iniziata non si sa quando, ha attraversato epoche, popoli e nazioni e continua ancora oggi, con mezzi modernissimi.
Ogni volta che in uno stato qualcosa gira storto, nell’economia, nella salute, nel sociale, ogni volta riemerge con potenza e furore la caccia e la cacciata di capri espiatori. Con effetti disastrosi, perché il rimedio, l’eliminazione di uno per la salvezza di tutti, è il classico dito che tura il buco di una diga. Il malessere non risolto alla radice è destinato a dilagare.
Sta qui tutto il succo del progetto Crucifige: i capri espiatori, i nostri capri espiatori (matti, detenuti, rom, stranieri, barboni) vogliono dimettersi da capri espiatori, non ci stanno più a continuare a fare i capri espiatori, non vogliono più farsi condannare o accusare ingiustamente. Vogliono essere come tutti, pagare se sbagliano, vivere in pace se non fanno male ad alcuno. Vogliono però anche farci un regalo: grazie a quello che hanno patito e patiscono vogliono farci vedere e farci capire tutti gli errori e le contraddizioni del nostro sistema sociale. Quei vizi che al vertice e alla base contaminano e corrompono il vivere civile e la convivenza pacifica per cui cresce la mala vita e sparisce la buona vita. Come?
Con una rappresentazione teatrale, in cui loro saranno i protagonisti.
Ma non sarà una rappresentazione teatrale qualsiasi. Sarà una rappresentazione esemplare. Quella della Passione di Cristo, rivista, riletta, attualizzata, incrociata con la loro passione, con la loro storia di vittime e di capri espiatori. La storia della Passione di Cristo non sarà una lettura religiosa, ma sociale, politica. La storia della Passione di Cristo è infatti la storia di come una società può cadere nella spirale del circolo vizioso del farsi male gli uni gli altri, generando discordia, violenza, ingiustizia, disagio, dolore, sofferenza. Nel contempo è l’indicazione della ricerca e della realizzazione del circolo virtuoso che fa prosperare una città, uno stato, una società.
FINE ETICO DEL TEATRO
Pochi ricordano che il teatro è nato e si è sviluppato nell’Atene democratica del V sec. a. C. come processo estetico per un fine etico, come narrazione degli orrori del mondo per purificare la collettività da questi orrori ed errori. I Greci pensavano di aver trovato la soluzione alle discordie intestine attraverso la scienza e la conoscenza, la repressione della natura bestiale attraverso l’esaltazione della razionalità. Il loro progetto sociale fallì. La comunità etica della polis si trasformò in comunità estetica. Solo dentro il teatro o dentro le accademie ci si poteva salvare, fuori la lotta di tutti contro tutti, il circolo vizioso ritornava in auge.
A ritentare di trovare una soluzione al malessere civile fu il cristianesimo con una proposta “folle”: non più separare la carne dallo spirito, il logos dalla passione, l’umano dal divino, l’apollineo dal dionisiaco, ma facendoli incontrare. Il logos che si fa carne significa a teatro la parola che si fa carne, il logos, il senso della carne, il senso della storia, delle storie, della vita. La ricerca del circolo virtuoso e dell’arte per la vita, il ricongiungimento del processo estetico con quello etico. L’unione in termini teatrali di azione e rappresentazione.
Questa è l’estrema peculiarità del progetto Crucifige: la congiunzione tra azione e rappresentazione, attraverso due procedimenti teatrali in stretto dialogo, uno che mira alla rappresentazione e al prodotto estetico, allo spettacolo, l’altro che mira all’azione e alla relazione degli esclusi, degli emarginati, dei capri espiatori con un lavoro di integrazione, amicizia, affiatamento condivisione all’interno del gruppo, con un allargamento progressivo e concentrico di benevolenza e coesione. Rendere bene per male è assolutamente folle. La logica umana e il ministero della giustizia vorrebbero dare bene per bene e male per male. E ormai, lo sappiamo. Non funziona. Incredibile, ma vero, solo la grazia, il ministero della grazia, del dare senza calcolo, del donare senza aspettarsi nulla in cambio, ci porta fuori dagli orrori del mondo e dalle spirali dell’odio, della violenza, del disagio, del malessere e malvivere.”
–Claudio Bernardi
“Questo spettacolo è un cenacolo, una cena tra amici, una messa teatrale: una messa in scena.
La passione di Cristo viene ripercorsa come in una Via Crucis, ma non ci sono preti, chierichetti, parametri sacri, incensi e quant’altro: c’è il centurione romano, ben interpretato da Fabio Portas; c’è Barabba, affidato all’incredibile Dario Kuzma; la zia di Cristo è Donatella Di Gilio: un miracolo teatrale; Pilato, Erode e Kaifa sono tutti giocati dal nostro grande maestro di scena Charly Palmano; poi c’è Pino, che fa Marco, ma che è Pino, che non è poco; e poi … tutti gli altri …
Insomma la passione è sempre quella, ma la planimetria narrativa è originale, il punto di vista di chi racconta è diverso del solito. Senza solennità retorica saliamo al Golgota come fece Lui 2000 anni fa, ma la storia, stavolta, la fanno uomini e donne contemporanei. C’è tanta verità in questo spettacolo e il merito è nel testo del prof. Claudio Bernardi e nella natura umana dell’Accademia della Follia. Concretezza e verità in tutto lo spettacolo, ma ce n’è una che primeggia su tutte: che Gesù Cristo era veramente figlio di Dio.”
foto di: Giorgio Mesghetz